Il Museo delle Arti in Ghisa nella MAremma

Piano primo – L’arte

Ferro fuso: installazione artistica.

Superato l’ingresso, si apre alla vista il grande volume che ospitava l’altoforno e che i recenti restauri hanno riportato alla luce in tutta la sua forza materica.

In origine questo spazio non si presentava affatto in questi termini: era luogo di lavoro e al centro s’imponeva la grande struttura del forno fusorio con in alto il camino per la fuoriuscita dei fumi. Nell’intento di ricreare questo elemento, l’allestimento propone una versione poetica del forno, realizzata dalla leggera installazione centrale.

Si tratta di una cascata di lamelle metalliche, sistemate in modo da ricreare l’esatta dimensione dell’interno del forno fusorio e caratterizzate da materiali diversi per richiamare le diverse fasi di caricamento. In basso lamelle rosse alludono alla fase di accensione; quelle centrali metalliche richiamano il minerale, che veniva gettato a strati con il carbone all’interno del forno; infine le lamelle trasparenti a simboleggiare il fumo, che dal camino usciva verso il cielo.

Proprio la temporanea chiusura di questo lucernario avvisa di un cambiamento, che periodicamente dà vita e anima a questa installazione. Nella sala si diffonde l’inconfondibile rumore del forno fusorio e la scultura diventa improvvisamente incandescente. Il rombo aumenta e l’incandescenza si fa via via più luminosa, fino a diventare luce bianca. Quindi comincia a spegnersi dall’alto verso il basso.

Sulle quattro pareti del forno appaiono, come fantasmi, delle ombre di uomini intenti alla fusione. Talvolta sono ombre gigantesche, talvolta a grandezza naturale: rappresentano il riflesso degli operai, deformato dall’incandescenza del ferro fuso. Se la scultura è simbolo dell’antico forno, le quattro pareti sono dedicate al lavoro degli uomini e rappresentano il valore della creazione: quel valore che trasforma in arte il mestiere del forgiare.

All’improvviso, sulla parete frontale, inizia a scendere una colata bianca di ferro rovente e i muri cominciano a riempirsi di materiale incandescente. Siamo virtualmente all’interno di una forma da forgiare e stiamo assistendo al versamento della ghisa. La colata bianca riempie l’intero spazio e inizia a raffreddarsi, diventando prima rossa e poi sempre più scura. Adesso sulle pareti ci sembra di distinguere delle forme, come imprigionate sotto la colata. Cominciano a formarsi delle crepe e crollano dei pezzi di materiale. Man mano che le crepe aumentano, si libera alla vista ciò che è nato dalla forgiatura: si tratta della città di Follonica.

La scuola di ornato. Il catalogo dei getti. Manetti e Reishammer.

Il percorso espositivo si apre al Piano Primo con la presentazione di alcuni elaborati modelli lignei, che introducono quello che costituisce il tesoretto del MAGMA. La collezione di tali modelli rappresenta infatti un unicum nella storia nazionale della siderurgia. Disegnati e scolpiti da veri e propri artisti, servono a imprimere la forma nella terra in cui colare il ferro fuso.

La nascita a Follonica di questa Scuola di ornato e disegno lineare rispecchia la volontà del Granduca Leopoldo II di fare dello stabilimento maremmano un significativo centro di ricerca e di sperimentazione, non solo a livello tecnico-produttivo, ma anche artistico. Il risultato è una raffinata produzione in ghisa per l’arredo urbano, che continua per oltre un secolo e confluisce nel 1913 in un importante Catalogo divulgativo dei getti.

Ma il prodotto è soprattutto l’originale e precoce realizzazione della Chiesa di San Leopoldo e del Cancello monumentale delle Fonderie.
Per sviluppare questo singolare progetto architettonico vengono chiamate due figure d’eccellenza nel panorama ottocentesco: Alessandro Manetti e Carlo Reishammer. Il loro felice sodalizio, in linea con le tendenze internazionali dell’epoca e talvolta addirittura in anticipo, promuove un uso della ghisa non soltanto strutturale, ma anche decorativo, esplorandone le grandi potenzialità espressive. I due manufatti diventano così un vero e proprio catalogo della produzione follonichese, avviando una stagione di grandi commissioni, quali quelle per Livorno e Firenze.

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